Sito ufficiale della
Società Conservatrice
del Capanno Garibaldi

fondata nel 1882

Venerdì 3 agosto 1849

L’approdo a Magnavacca e la fuga

Torre civica di Comacchio

Otto bragozzi vengono catturati dalle navi austriache; due imbarcazioni si arenano nella secca. E’ di queste il bragozzo sul quale, con altri, si trovano GaribaldiAnita  – aggravatissima – e “Leggero“. Il punto preciso di approdo è nella «pialassa», circa 8 chilometri a Nord di Magnavacca. Ore 8 circa. (3) Gli altri tre prendono terra, a poca distanza, fra Volano e Magnavacca.

In mare sono in tutto catturati 162 Garibaldini, fra cui 11 ufficiali, nonché 31 fra padroni e pescatori chioggiotti.

Presso Ariano, a terra, sono catturati Angelo Brunetti  detto Ciceruacchio ed i suoi figli, Don Stefano Ramorino ed altri 16 Garibaldini. (Ciceruacchio con i suoi due figli e Don Stefano Ramorino verranno poi fucilati a Cà Tiepolo il 10 Agosto 1849, assieme a Lorenzo Parodi, Francesco Laudadio, Gaetano Fraternali e Paolo Bacigalupi).

A Comacchio sono presi altri 11 Garibaldini e fra questi Padre Ugo Bassi ed il Capitano Livraghi i quali furono fucilati a Bologna l’8 Agosto 1849.
Controverso è il punto preciso dell’approdo dei bragozzi: certo si è che esso avviene in spiaggia bassa, presso una pialassa sita fra Magnavacca e la bocca del Canal Bianco. (3)

Quivi il Generale, sollevando Anita sulle braccia, scende nell’acqua che gli arriva al petto e dopo breve guado, posata l’inferma sulla spiaggia, ordina ai suoi compagni di disperdersi prontamente.

Il Capanno Cavalieri e Nino Bonnet

Dopo la  separazione, resta con lui soltanto l’indivisibile Giovan Battista Culiolo «Leggero». (*)

Tre ponti di Comacchio

Testimone della vicenda è un povero comacchiese – Battista Barilari – detto Baramoro – che offre i suoi servigi e conduce il Generale, Anita  e «Leggero» fino ad una bassa capanna di canna palustre (4) di proprietà di Ignazio Cavalieri, abitata da una povera vedova, – Caterina – la quale nulla o quasi può offrire di conforto ai profughi. Sono circa le 9  «Leggero» si avvia esplorando i dintorni in cerca di aiuto;così incontra Gioacchino (detto Nino Bonnet, fratello di Gaetano  Bonnet (uno dei difensori di Roma a Villa Corsini, a fianco di Angelo Masini) e con lui torna alla capanna Cavalieri. Erano ormai le 10. Il Generale riconosce con gioia Nino Bonnet, col quale si era incontrato l’anno prima a Ravenna per la formazione di un gruppo di lancieri da porre sotto il comando del Masini.

Nino Bonnet – ed il suo agente Battista Carli detto «Carlon» – concordano una partenza immediata perchè le pattuglie austriache erano di già in moto. Alle ore 11 lasciano tutti la capanna. La marcia è faticosa perché Anita deve essere trasportata di peso e sostenuta a braccia.

Lungo il percorso (circa 3 Km) il gruppo incontra e si associa Filippo Patrignani. Garibaldi e «Leggero» sorreggono Anita, la quale viene poi adagiata «sopra un somarello bianco» e guidati dallo stesso Bonnet per passaggi difficili, noti soltanto al Carli, s’incamminano verso la casa colonica del casa colonica Cavallina dove Anita riceve le prime cure, ma il pericolo non era perciò meno incalzante.  Alla casa colonica Cavallina, finalmente, Anita trova confortevoli cure dalle donne di casa. Bonnet propone di trasportare Anita in casa sua a Comacchio, ma Ella si rifiuta decisamente per restare accanto al suo Josè.

Inizio della “Trafila” garibaldina

Dopo breve riposo (intanto che Nino Bonnet ritorna a Comacchio per combinare la «trafila» ) , i tre profughi, accompagnati da Filippo Patrignani, ripartono alle ore 15 della casa colonica “Cavallina” e prima attraverso terreni coltivati, poi seguendo la strada Romea giungono – Km. 2,600 – alla casa del «podere Zanetto» (6) verso le ore 17.

Pur sapendo bene chi siano gli ospitati  Teresa De Carli, moglie di Antonio Patrignani (propritario del podere), già Tenente Colonnello della Guardia Nazionale Ravennate e Gonfaloniero di Comacchio, assiste amorevolmente Anita.

Vigila intanto «Leggero», nascosto in vedetta sopra un «alberaccio». Prima del calar del sole (ore 19,30) ritorna il Colonnello Bonnet che ha già predisposto l’arrivo di un battello allestito da un Capo Guardiano delle Valli di Comacchio – Gaspare Matteucci – di Sant’Alberto e condotto dai battellieri Girolamo Carli e Mariano Cavallari detto «Sgiorz». Albero su cui Leggero fece la vedetta.

Il trafugamento dovrà compiersi ormai attraverso le valli di comacchio (7) dove le pattuglie austriache non sanno avanzare. Anita, sempre più sofferente, viene adagiata nella piccola imbarcazione sopra un materasso fornito dalla De Carli . Ma occorreva ripartire subito ed il Generale, messi i pantaloni del Bonnet e la giacca del Patrignani, sale sul battello con «Leggero».

Si parte verso l’ Ave Maria (20,30) e, percorrendo circa 10 chilometri, si arriva non oltre le 24 al «Casone Paviero» (8), dopo aver compiuto un trasbordo al casello della strada provinciale di Comacchio «la “lanterna”» ove è in attesa Gaspare Matteucci.

La meta è la fattoria del Marchese Ignazio Guiccioli a Mandriole. Al trafugamento dà aiuti indiretti Celeste Bonnet, fratello di Nino, amministratore provvisorio delle valli.

(*) Le indicazioni che si sono potute raccogliere poi, danno come sbarcati i seguenti: l. Giuseppe Garibaldi -2. Anita -3. Capitano Giovanni Battista Culiolo detto «Leggero» -4. Padre Ugo Bassi, Cappellano maggiore. -5. Cap. Giovanni Livraghi (presi a Comacchio e fucilati a Bologna 1’8 agosto) -6. Brunetti Angelo detto Ciceruacchio -7. 8. Brunetti Luigi e Lorenzo figli di Angelo -9. Stefano Ramorino, cappellano -10. Cap. Lorenzo Parodi -I1. Francesco Laudadio  -12. Gaetano Fraternali -14. Paolo Bacigalupo (questi ultimi otto fucilati il 10 agosto a Cà Tiepolo, compreso il tredicenne Lorenzo Brunetti – Ciceruacchio dette false generalità per se e per i figli: Belletti Angelo e Lorenzo e Rossi Luigi) -15. -18. quattro ufficiali che la mattina del 4 agosto furono trovati da Battista Carli nel Bosco Eliseo, tenuti nascosti fino al 7, poi avviati verso Venezia per la Mesola. Fra gli sbarcati c’è anche il prigioniero Sereni, Vice Brigadiere pontificio, il quale doveva la vita a Ugo Bassi, che ne aveva impedito la fucilazione a Cesenatico. Costui corre a Comacchio dall’ Autorità e viene spedito in traccia di Garibaldi e dei suoi compagni alla testa di una pattuglia.

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